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La rivelazione di Anubi – Stefania Costi. Recensione di Alessandria today
Un misterioso viaggio tra archeologia e oscuri segreti del passato.
Un misterioso viaggio tra archeologia e oscuri segreti del passato. Stefania Costi ci regala un romanzo avvincente, La rivelazione di Anubi, che intreccia storia, mistero e introspezione personale. Ambientato in Egitto, il libro segue le vicende di Michael Monroe e Alyssa Rio, due protagonisti uniti dal fascino per le antichità e dalle ombre dei loro passati irrisolti. Trama: tra enigmi storici…
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Teoria delle piramidi: 3 segreti incredibili che nessuno ti ha mai raccontato
Le grandi piramidi dell’Egitto, in particolare la celebre Piramide di Cheope a Giza, continuano a esercitare un fascino irresistibile su studiosi, appassionati e curiosi di tutto il mondo. Questi imponenti monumenti, considerati tra le più grandi meraviglie dell’antichità, sono da secoli al centro di dibattiti accesi e misteri irrisolti. Tra le teorie più controverse che ruotano attorno alla loro…
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George Stobbart, un turista americano a Parigi, si imbatte accidentalmente in una pericolosa rete di misteri e cospirazioni legate ai Cavalieri Templari. Testimone di un omicidio e di un furto, fa squadra con la fotoreporter Nicole Collard per indagare su una serie di omicidi legati a un enigmatico assassino travestito da clown.
Insieme, seguono una serie di indizi nascosti in antichi manoscritti, gemme preziose e luoghi storici, che li conducono attraverso l'Europa e il Medio Oriente. Lungo il percorso, affrontano pericoli mortali, svelano trame complesse e scoprono l'esistenza dei Neo-Templari, un'organizzazione segreta che cerca di riportare in vita l'antico potere dei Templari.
Dalla Francia all'Irlanda, dalla Siria alla Spagna, George e Nicole decifrano enigmi, superano trappole e sfuggono a assassini spietati. Il loro obiettivo finale è impedire ai Neo-Templari di mettere le mani sulla Spada Spezzata di Baphomet, un artefatto leggendario in grado di conferire un potere inaudito a chi lo possiede.
In una climax esplosiva in Scozia, i due protagonisti riescono a sventare i piani dei malvagi e a distruggere il sito archeologico, seppellendo per sempre i segreti dei Templari. La loro avventura si conclude con un bacio appassionato, suggellando il loro legame e la vittoria sul male.
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Keplero e il Sole: segreti nascosti nei suoi schizzi
La storia della scienza è costellata di scoperte inaspettate, spesso nascoste tra le pieghe di antichi documenti. È questo il caso dei disegni delle macchie solari realizzati da Johannes Keplero, il celebre astronomo del XVII secolo. Sembra incredibile, ma proprio questi schizzi, per lungo tempo dimenticati, stanno rivoluzionando la nostra comprensione dei cicli solari e dei periodi di minima attività della nostra stella. Keplero e il Sole: un tesoro nascosto Keplero, noto soprattutto per le sue leggi sul moto dei pianeti, era un osservatore attento del cielo. Tra i suoi numerosi studi, si dedicò anche all'osservazione delle macchie solari, quelle regioni più scure e fredde della superficie solare. Con grande precisione, l'astronomo tedesco realizzò una serie di disegni che ritraevano queste enigmatiche formazioni. Per lungo tempo, questi schizzi sono rimasti relegati agli archivi, senza che nessuno sospettasse il tesoro di informazioni che contenevano. Solo di recente, un team di ricercatori ha deciso di rianalizzare questi disegni con gli strumenti e le conoscenze attuali. Un nuovo sguardo sui cicli solari L'analisi dei disegni, ripotata su Astrophysical Journal Letters, di Keplero ha portato a una scoperta sorprendente: le macchie solari rappresentate si trovavano a una latitudine solare molto bassa. Questo dettaglio, apparentemente insignificante, ha in realtà profonde implicazioni per la nostra comprensione dei cicli solari. I cicli solari sono periodi di variazione dell'attività magnetica del Sole, che si manifestano con un aumento o una diminuzione del numero di macchie solari. In genere, durante un ciclo solare, le macchie solari compaiono a latitudini elevate e si spostano gradualmente verso l'equatore solare. I disegni di Keplero, invece, mostrano macchie solari a basse latitudini, suggerendo una fase di transizione tra due cicli solari. Questa scoperta contraddice le osservazioni telescopiche successive, che mostravano macchie solari a latitudini più elevate, e sfida le ricostruzioni alternative che propongono cicli solari di durata anomala. Il grande minimo solare L'importanza di questa scoperta va ben oltre la semplice comprensione dei cicli solari. I disegni di Keplero ci aiutano a ricostruire un periodo cruciale della storia solare: il grande minimo solare. Questo periodo, noto anche come minimo di Maunder, fu caratterizzato da un'attività solare estremamente ridotta e da un'asimmetria emisferica anomala tra il 1645 e il 1715. Le nuove informazioni ricavate dai disegni di Keplero ci permettono di comprendere meglio i meccanismi che portano a questi periodi di minima attività solare e le loro conseguenze sul clima terrestre. Un'eredità che continua L'eredità di Keplero va ben al di là della sua abilità osservativa. I suoi disegni ci dimostrano come anche le osservazioni più antiche possano rivelare tesori inaspettati e contribuire a far progredire la nostra conoscenza dell'universo. Questa scoperta ci ricorda anche l'importanza di preservare e studiare il patrimonio scientifico del passato. I documenti storici, spesso trascurati, possono contenere le chiavi per risolvere enigmi che affascinano da secoli gli scienziati. Foto di AstroGraphix_Visuals da Pixabay Read the full article
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Luca Viozzi - Il nuovo romanzo “Delitto sotto le torri 2 - Il terzo segreto”
Il commissario Salviati questa volta è alle prese con un caso intricatissimo e viene aiutato nelle indagini dalla giornalista Sonia Neri
“Delitto sotto le torri2 - Il terzo segreto” è il nuovo romanzo dello scrittore e professore Luca Viozzi, un giallo tutto italiano che ha come sfondo il lungomare di San Benedetto del Tronto, edito dalla Giaconi Editore e acquistabile sui principali stores digitali. Il libro è il secondo capitolo delle avventure del commissario Filippo Salviati, diventando un punto fermo per gli amanti del genere giallo. Un avvincente racconto colmo di colpi di scena, intrighi, enigmi, scritto con estrema cura e ricco di dettagli che accompagneranno il lettore in un’immediata immersione emotiva e sensoriale sin dalle prime pagine. Un giallo d’altri tempi, ma con una caricata letteraria contemporanea che crea un mix di tensione e colpi di scena degni dei grandi classici della letteratura italiana e internazionale.
Il commissario si dedica alla ricerca della verità sull'omicidio di un noto personaggio del luogo. La narrazione procede attraverso capitoli brevi e incisivi, in cui si alternano momenti di tensione ad altri di riflessione, senza mai perdere di vista il filo conduttore dell'indagine.
“Il terzo segreto” è un romanzo che in verità va oltre la semplice etichetta di giallo, toccando temi come il potere, il denaro e la morte, ma anche l'arte, la religione e le tradizioni locali. Attraverso questi elementi, Luca Viozzi offre una riflessione sul bene e sul male, sul sacro e sul profano, creando un'opera che è al tempo stesso un intrigante giallo e un profondo esame della natura umana.
Scopriamo di più
Un noto direttore di banca viene trovato morto sotto un ponte vicino alla torre Gualtieri a San Benedetto del Tronto. Molti i misteri che avvolgono la vicenda legati a un passato che nessuno conosce. L’autore orchestra mistero e intrigo in un romanzo che lascia il fiato sospeso. Non è un caso semplice, tanti gli indizi e i rimandi storici legati al territorio. Curiosità e aneddoti che arricchiscono il racconto. La straordinaria capacità di Luca Viozzi di dosare colpi di scena, lusso e giochi di potere, appassiona il lettore fino all’ultima pagina. Il finale è sorprendente.
Acquista il libro
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Instagram: https://www.instagram.com/luca.viozzi_scrittore/
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"La Curiosa Corona d'Alloro di Giulio Cesare: Un Fatto Sorprendente" "Nel nostro ultimo video, abbiamo svelato un fatto curioso sulla vita di Giulio Cesare che potrebbe sorprendervi. Ma la storia è piena di segreti e curiosità ancora da scoprire! 🤔 Che ne dite, vorreste vedere altri fatti curiosi storici? Fatecelo sapere nei commenti e continuate a seguire 'Storia in Breve' per esplorare insieme nuovi enigmi del passato! 🔍📚" #curiositàstoriche #giuliocesare #imperoromano
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Rebus
1. Definizione
Il rebus è un gioco enigmistico (➔ enigmistica) che propone un insieme di lettere e figure in una successione ordinata oppure nel contesto di un’illustrazione. Se sono correttamente combinate e interpretate secondo le regole di genere del gioco, lettere e figure si risolvono in un’espressione linguistica preordinata dall’autore.
2. Tecnica del rebus
Il rebus italiano contemporaneo si presenta come una vignetta in cui alcuni soggetti sono contrassegnati da una, due o tre lettere. Il solutore ha anche a disposizione (nell’intestazione del gioco) un diagramma numerico che riporta il numero delle lettere che compongono le parole della cosiddetta frase risolutiva (o seconda lettura). A volte il rebus viene corredato da un doppio diagramma, in cui è indicato il numero delle lettere che compongono le parole della chiave (o prima lettura). Dalla prima alla seconda lettura si passa con il procedimento di risegmentazione tipico delle ➔ sciarade e delle frasi doppie.
Un’illustrazione che riporti, da destra verso sinistra, un palmipede contrassegnato dalle lettere GI e un’insenatura contrassegnata dalle lettere MA (Rebus, 6, 1, 4) può essere risolta come segue:
(1) (prima lettura) GI oca, rada MA = (seconda lettura) Giocar a dama
Ogni elemento contrassegnato dalla vignetta deve comparire nella prima lettura del rebus, o per quel che è (un’oca, una rada) o per quello che fa. In un rebus che si risolvesse come segue:
(2) (prima lettura) G alle sei RL a N dà = (seconda lettura) Galles e Irlanda
è indifferente chi sia G, chi sia N e cosa sia RL: G può essere un postino che consegna alla casalinga N il plico RL; G può essere uno staffettista che passa al suo compagno N il testimone RL; G può essere Dio che consegna a Mosè N le Tavole della Legge RL. In ognuna di queste realizzazioni, o delle innumerevoli alternative possibili, il rebus è valido.
Fino agli anni Cinquanta del Novecento alcune oscillazioni terminologiche assegnavano a volte al rebus detto di relazione il nome di rebus crittografico o crittografia (ingenerando ambiguità con un’omonima famiglia di giochi enigmistici non illustrati). Oggi la tendenza dominante denomina come rebus ogni gioco enigmistico illustrato, in cui cioè una sequenza linguistica interpreta una scena rappresentata figurativamente (per denominazione, per relazione o nelle due modalità combinate).
3. Archeologia del rebus
Il gioco del rebus ha radici nelle antiche forme di scrittura pittografica e ideografica in cui la notazione di un concetto prevedeva la sua rappresentazione figurativa: forme che a volte sono state designate dagli storici della materia come scritture-rebus (cfr. Diringer 1969). Già in epoca antica era possibile che elementi linguistici privi di una propria raffigurazione univoca, come per es. i nomi propri, venissero scomposti in segmenti invece raffigurabili. Così la tavoletta che raffigura il faraone Narmer (III millennio a.C.) lo nomina attraverso i disegni di un pesce (nar) e di uno scalpello (mer).
Il passaggio alla scrittura alfabetica decretò l’abbandono dell’iconismo diretto della rappresentazione, ma d’altro lato rese ancora più evidenti le possibilità di scomposizione delle sequenze alfabetiche; quando Cicerone saluta un corrispondente in questo modo:
(3) Mitto tibi navem prora puppique carentem («Ti mando una nave priva di prua e di poppa»: n-ave-m)
costruisce una sorta di rebus tutto linguistico, in cui il lato figurativo è lasciato all’evocazione del tropo analogico (la prima e l’ultima lettera di navem come la prua e la poppa di una nave).
L’aspetto linguistico e l’aspetto figurativo si congiungono sulla scena del sogno. Il primo trattato sull’interpretazione dei sogni, l’Onirocritica di Artemidoro di Daldi (II sec.) riferisce il responso che Aristandro diede a un sogno di Alessandro Magno. Impegnato nell’assedio della città persiana di Tiro, Alessandro aveva sognato un satiro danzante sopra uno scudo. Aristandro ne aveva tratto un auspicio favorevole: Satyros = sa Tyros «Tiro è tua»: una perfetta sciarada, o frase doppia. L’Interpretazione dei sogni (1901) di Sigmund Freud riprenderà e approfondirà questo tema, distinguendo fra contenuto manifesto e contenuto latente, e definendo il sogno come un «indovinello figurato» (Freud 1899). Come ha poi dimostrato François Lyotard (1971), Freud stava facendo diretto riferimento al gioco delle rätselhafte Inschriften («iscrizioni enigmatiche»), una sorta di rebus epigrafico che all’epoca di Freud compariva sulla pubblicazione viennese «Fliegende Blätter». Un analogo raccostamento è stato poi operato da Jacques Lacan, che ha assimilato il sogno al gioco salottiero della sciarada, chiamata charade en action.
Il principio linguistico della sciarada (scomposizione di un’espressione in sillabe o altre unità che si scoprono dotate di senso proprio) e il principio verbo-visivo del rebus (rappresentazione iconica di unità linguistiche) si trovano combinati anche nell’immediato antecedente del rebus: l’impresa rinascimentale (per la quale si rinvia a Praz 1946). Del rebus l’impresa ha innanzitutto l’intento criptico: a differenza degli emblemi manieristi e barocchi, rivolti a un pubblico anche analfabeta (e per questo intento ripresi anche dalla catechesi gesuitica), le imprese realizzavano una comunicazione criptica. Il loro carattere non era universale, ma particolare: intendevano rappresentare in modo incomprensibile ai non adepti l’intenzione segreta, il movente intimo delle azioni di un cavaliere, il suo motto personale o familiare. Vicino al ritratto dell’amata, Orazio Capete Galeota conservava un’impresa in cui una tigre si specchia in una sfera di vetro, con il motto fallimur imagine «siamo ingannati dall’immagine»: l’impresa si spiega grazie a un racconto di sant’Ambrogio in cui i cacciatori ghermiscono un cucciolo di tigre e gettano una sfera di vetro alla madre, che scambierà la propria immagine riflessa e rimpicciolita con quella del figlio, consentendo ai cacciatori di allontanarsi. Solo l’erudizione e la conoscenza diretta dell’interessato consentiva di cogliere il contenuto criptico dell’impresa.
Oltre al meccanismo perfettamente concettuale dell’impresa era disponibile una rappresentazione per segmenti linguistici. Una prima forma, moderata, segmentava le sequenze conservando l’omofonia: è il caso dello stemma della famiglia Anguissola, realizzato con l’immagine di «un solo serpente» (anguis sola). Trattatisti come Paolo Giovio non consideravano questo caso diverso da quello della colonna che campeggia nello stemma della famiglia romana Colonna: la semplice scomposizione che mantiene l’omofonia veniva avvertita come una variante dell’omonimia. Diverso invece, e spesso censurato dai trattatisti, il genere dell’impresa-rebus o impresa cifrata, in cui la sequenza viene scomposta in segmenti che comprendono lettere isolate e in cui l’omofonia è perduta, o faticosa (una perla, una lettera T, una suola di cuoio o coramo: «Margherita, Te, sôla di coramo = Margherita, te sola di cor amo»). È questo il caso dei cosiddetti rebus di cui ➔ Leonardo da Vinci costellò il codice Windsor: la figura di due quaglie e quella di due ossa erano intervallate dalle lettere C, H, I, P. Soluzione: «qua gli è chi possa» (quaglie, C,H,I,P, ossa). È anche il caso dei Rébus de Picardie (fine XV - inizio XVI sec.), ove la figura di una monaca che sculaccia un abate (nonne abbé bat au cul), seguita dalla figura di un osso (os), va risegmentata e reinterpretata come motto latino: Nonne habebat oculos? «ma non aveva occhi?». È questa la prima apparizione del nome rebus, la cui etimologia viene comunemente ricondotta al plurale dell’ablativo strumentale di res «cosa», dunque «con le cose».
4. Il rebus enigmistico
Già dal Rinascimento la produzione italiana di rebus si è differenziata da quella in altre lingue, pur fiorente, per il fatto di accogliere solo esempi rigorosamente omografici. Nella tradizione anglosassone (come nella francese), il soggetto raffigurato può stare per una parola o per un segmento di parola anche solo in virtù dell’omofonia; così in una famosa lettera-rebus di Lewis Carroll il pronome I è rappresentato dal disegno di un occhio (eye).
Nel corso dell’Ottocento il genere del rebus era impreziosito ma anche limitato nelle sue possibilità di sviluppo dal costo della riproduzione tipografica. Rispetto alle sciarade, ai logogrifi, agli acrostici, agli anagrammi, agli enigmi e agli altri generi puramente linguistici dell’incipiente enigmistica, il rebus richiedeva procedimenti di stampa peculiari, che ne limitavano la presenza sulle riviste.
Il rebus enigmistico ottocentesco e del primo Novecento si rivolgeva a estese frasi di tipo proverbiale e gnomico, come sopravvivenza delle radici concettistiche ed emblematiche: «è vano ad amor ardente opporsi», «latte sopra vino è veleno», «senza danari non si àn rosari». Lo sviluppo decisivo del rebus italiano si è prodotto nella seconda metà del Novecento, sulle pagine della «Settimana enigmistica», dove si sono assestati i canoni di accettabilità della frase risolutiva, di chiarezza espositiva della vignetta, di innovazione e correttezza sintattica della prima lettura.
La frase risolutiva si è liberata dai vincoli della proverbialità, adottando come criterio la maggiore prossimità possibile alla dimensione semantica del paralessema e del modo di dire (famosi rebus hanno avuto frasi risolutive come: «bagarre tra vari spettatori»; «fare sberleffi giocosi»; «Sodoma e Gomorra»; «leghe superleggere»; «audace scenetta»; «melodia d’amore medioevale»; Bosio 1993).
L’illustrazione, la cui tecnica è stata codificata da Maria Ghezzi Brighenti, si è caratterizzata per nitore e neutralità del tratto e per l’estensione delle peculiari tecniche di composizione che sottolineano la pertinenza degli elementi utili per la risoluzione.
La prima lettura si è giovata innanzitutto dell’invenzione del «rebus stereoscopico», da parte di Gian Carlo Brighenti (1924-2001): distribuendo la rappresentazione del rebus su più di una vignetta è possibile raffigurare sequenze temporali o meramente logiche (un’aquila C che discende a più riprese dalle stesse montagne: «C a valle rialeggerà = Cavalleria leggera»).
Più recentemente il relativo esaurimento delle chiavi utili alla composizione di rebus si è combinato con l’elevato virtuosismo degli autori e degli illustratori, portando alla pubblicazione di difficili rebus in cui la prima lettura consiste in un’interpretazione particolarmente raffinata (e a volte al limite dell’aleatorio) della vignetta. Per es., un rebus in cui gli sposi G sembrano quasi tardare a scambiarsi gli anelli F si risolve tramite un congiuntivo esortativo e una postilla esplicativa: «G abbiano F: è rito! = Gabbiano ferito».
fonte: Treccani
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Il nome Resident Evil ormai ci riporta a un ben preciso universo narrativo conosciuto veramente da chiunque. Anche al di fuori delle cerchie di appassionati, troveremo davvero ben poche persone che ammetteranno candidamente di non aver mai e poi mai sentito nominare questo brand. Che lo abbiano conosciuto tramite i videogames, medium che ha visto nascere e propagarsi (è proprio il caso di dirlo!) questo marchio, che abbiano visto almeno uno dei film o, semplicemente, siano venuti a contatto con un qualsiasi oggetto della sterminata collezione di merchandise che lo riguarda, Resident Evil sarà cosa conosciuta. Insomma, Resident Evil è il classico esempio di fenomeno culturale pop, capace di scavalcare i limiti del suo medium di origine, per raggiungere praticamente tutti gli altri ambiti dell’immaginario collettivo fantastico e che approderà a breve anche in forma di serie in esclusiva Netflix.
Ma come è nato il fenomeno Resident Evil? Partiamo dal principio, ovvero dal 1996, anno in cui Capcom fece uscire sulla prima PlayStation (e di li a breve anche su pc Windows e Sega Saturn) un gioco a base di zombie e orrori vari, intitolato Biohazard, realizzato da Shiji Mikami e Tokuro Fujiwara. Un titolo destinato a fare un enorme successo, oltre che a segnare indelebilmente la storia stessa dei videogiochi, non tanto per il comparto tecnico per l’epoca davvero all’avanguardia, quanto per il gameplay in se stesso e la trama.
Biohazard proponeva una sfida dove i protagonisti, una squadra speciale impegnata in una missione di ricerca e recupero nei pressi di una sinistra villa dalla pessima fama, si trovavano spesso e volentieri in situazioni di manifesta impossibilità a scamparla semplicemente combattendo. Vuoi per la mancanza di munizioni, vuoi per la quasi completa inefficacia di queste ultime nei confronti di alcuni avversari, vuoi per tanti altre situazioni alle quali i videogiocatori dell’epoca non erano ancora completamente abituati, in Biohazard lo scontro diretto e brutale era un comportamento da usare quasi sempre come ultima risorsa, molto più saggio fuggire o elaborare altri tipi di strategia. Per tutta la durata del gioco si era impegnati, oltre che nella risoluzione di enigmi ambientali, nell’arduo compito di… sopravvivere! Erano nati i survival horror.
Il nome Biohazard, “pericolo biologico” era particolarmente calzante, dato che gli abomini con i quali ci dovevamo scontare non avevano origine da qualche evento soprannaturale, ma erano bensì il risultato dei sinistri esperimenti che la Umbrella Corporation, una potente multinazionale farmaceutica, stava portando avanti sul Virus T, i cui effetti erano proprio quelli di causare mutazioni più o meno stabili negli organismi che infettavano, oltre al particolare “effetto collaterale” di riportare in vita i cadaveri in forma di zombie mangia carne. La villa in cui i personaggi si rifugiano dopo l’assalto di alcuni “cani non morti” è infatti la copertura dell’immenso laboratorio sotterraneo dove la Umbrella svolge questi esperimenti sul Virus T. E dove, ovviamente, qualcosa non è andata nel verso giusto.
Propagazione
Biohazard ebbe un ottimo successo in patria, e si pensò da subito quindi di distribuirlo anche sul mercato occidentale, cambiando però il titolo in Resident Evil. Inutile dire che il gioco, anche qui da noi, ebbe un successo strepitoso, tanto che appena due anni dopo, nel 1998, Capcom mise in commercio il seguito, Resident Evil 2. E con questo titolo, che riprendeva le meccaniche e le situazioni del precedente capitolo, ampliandole e migliorandole, oltre che a migliorare notevolmente anche grafica e sonoro, la serie otteneva l’effettiva consacrazione agli occhi della critica, ma soprattutto del pubblico.
Resident Evil 2 è stato, senza ombra di dubbio, uno dei titoli simboli di quella generazione videoludica e uno degli episodi della saga più amati in assoluto, tanto che Capcom ne ha prodotto un eccellente remake nel 2019, ammodernando sia la parte grafica che quella relativa ai controlli. Inutile dire che anche il remake è stato un successone.
La componente survival della serie è proseguita anche nel terzo capitolo, Resident Evil 3, arrivando questa volta a essere realmente portata all’estremo, con la figura di Nemesis, una BOW (Bio Organic Weapon) di classe Tyrant della Umbrella, che per tutta la durata del gioco ci darà incessantemente la caccia senza che noi si possa fare alcun che per fermare la sua avanzata. Possiamo rallentarlo e infastidirlo, ma per a maggior parte del tempo l’unica nostra opzione per sopravvivere a ognuno degli incontri con il Nemesis, rimarrà sempre la fuga.
La serie ha poi effettuato un deciso cambio di rotta a partire da quarto episodio. Resident Evil 4 infatti abbandona praticamente del tutto l’aspetto survival horror per trasformarsi in un più che ottimo action. Questa volta potremo, e dovremo, premere il grilletto senza troppi pensieri, visto che non rimarremo (quasi) mai senza munizioni per una dei tanti tipi di arma da fuoco presenti nel gioco. Dovesse succedere, verrà in nostro soccorso, nel malaugurato caso non riuscissimo a trovare cartucce in giro per i livelli, anche un losco mercante, in grado di rifornirci di tutto quello che ci serve.
Molti fans storici della serie non hanno apprezzato tantissimo questo passaggio al genere action ma la cosa ha di fatto sdoganato la serie anche nei confronti di chi preferiva uno stile di gioco più movimentato, oltre ovviamente a una comunque corposa frangia di appassionati della prima ora che hanno visto nel cambio di registro una ventata di aria fresca. Questa rotta è stata mantenuta anche in Resident Evil 5, sempre di ottima fattura, e in Resident Evil 6, che purtroppo non si è rivelato un gioco degno delle aspettative che tanti avevano. Non brutto, va detto, ma quel “Resident Evil” nel titolo pesava troppo su giudizio di quanto poi realmente i gioco offriva, mettendo fine, ameno per un po’ alla serie numerata “classica”.
Nel frattempo però, parallelamente a questa serie “principale” sono sorti tutta una serie di titoli collaterali: prequel, sequel di inframezzo, spin off veri e propri ecc. E tutti considerati canonici. Si, canonici, perché un altro dei punti di forza di Resident Evil è proprio la sua trama, i suoi personaggi e come il tutto si è evoluto nel corso dei giochi. Dagli eventi che hanno portato alla caduta della Umbrella Corporation e alla sua successiva “rifondazione”, al voltafaccia, vero o presunto di alcuni personaggi chiave, passando anche per le vicende personali dei protagonisti e dei comprimari, tutto si amalgama perfettamente nella imponente lore che fa da sfondo all’universo narrativo di Resident Evil. E questo universo, molto coerente nella sua evoluzione, è un altro dei motivi che hanno fatto appassionare milioni di giocatori in tutto il mondo. Ma non solo.
Contagio
Un world building così affascinante e ben strutturato, era quasi impossibile che restasse semplicemente confinato al medium videoludico. Per questo, già a partire dagli albori della saga videoludica, sono cominciati a uscire fumetti di tutti i tipi ispirati alla serie, alcuni che adattavano semplicemente le vicende narrate nei giochi, altri invece che le espandevano o raccontavano delle vere e proprie side stories. Oltre a diversi manga ufficiali prodotti dalla stessa Capcom, sono stati pubblicati una sfilza quasi infinita di altre produzioni, sia occidentali, che giapponesi o cinesi. La primissima trasposizione in assoluto di Resident Evil a fumetti però, è stata ad opera della Marvel. Resident Evil Vol 1 No. 1, prodotto da Marvel Comics, è un prequel di quanto sarebbe poi accaduto durante il primo videogame, seguendo le vicende della Squadra Bravo poco prima del loro arrivo presso a villa della Umbrella, ed andando a fare chiarezza sui retroscena riguardanti alcuni personaggi.
Ovviamente, era soltanto questione di tempo prima che il nome Resident Evil facesse a capolino anche sul grande schermo. Nel 2002 infatti, è uscite nelle sale cinematografiche di tutto il mondo un film diretto Paul W.S. Anderson e interpretato, tra gli altri, anche da Milla Jovovich e Michelle Rodriguez, che si ispirava fortemente alla trama del primo capitolo della saga videoludica, pur non seguendola proprio alla lettera. Gli elementi principali c’erano però tutti: la villa della Umbrella dove venivano svolti esperimenti decisamente non convenzionali, il virus T, la squadra di ricerca e soccorso, gli zombie, le BOW e più o meno un fluire degli eventi abbastanza riconducibile al canon del videogioco, risultando a conti fatti un prodotto estremamente godibile, anche se non allo stato dell’arte.
Le cose sono però poi cominciate a peggiorare a partire dal seguito, Resident Evil: Apocalypse (2004), finendo per degenerare completamente con i successivi quattro sequel: Resident Evil: Extinction (2007), Resident Evil: Afterlife, uscito nelle sale italiane nel 2010 e Resident Evil: Retribution del 2012, più l’episodio conclusivo Resident Evil: The Final Chapter, che ha dato il colpo di grazia alla saga nel 2017.
Se il primo film era, come già accennato, un prodotto tutto sommato più che buono e anche piuttosto attinente ai videogames, nei seguiti si è davvero perduto tutto quanto c’era di apprezzabile, trasformando una serie survival/action horror sui rischi della manipolazione genetica a fini di lucro e di potere, in uno delle più piatte e banali serie di film post apocalittiche zombie mai viste.
Neppure la protagonista Alice, sempre interpretata in maniera ottima dalla Jovovich per tutti e sei i film, è riuscita a risollevare la qualità globale di questa produzione. Per prima cosa non si capisce perché la trama ha preso una piega tanto differente dal concept originale, ma anche prendendo per buona questa “variazione su tema”, ci si trova davanti a una serie di banalità incredibili, che di Resident Evil conservavano solamente qualche personaggio riesumato qua e la, oltretutto in maniera distorta. Davvero dimenticabili.
Resident Evil però, rimane comunque un nome legato a doppia mandata al medium che lo ha visto nascere, quello dei videogames. La saga, anche dopo l’assolutamente non esaltante Resident Evil 6, ha per qualche tempo “preso fiato”. Capcom, nel frattempo si è dedicata ad altre ip, ma non ha di certo voluto abbandonare la sua “gallina dalle uova d’oro“. Il 24 gennaio 2017, viene rilasciato negli store un nuovo capitolo, destinato a riportare la serie agli antichi fasti, introducendo nuove meccaniche di gioco e riportando il mood verso il survival horror delle origini.
Stiamo parlando di Resident Evil 7: Biohazard, primo titolo completamente realizzato in prima persona (e quindi strizzando l’occhio alla tecnologia VR) che introduce una nuova serie narrativa, solo in apparenza slegata da quella classica. Durante la nostra esplorazione di una dì fatiscente tenuta della Louisiana (ricorda qualcosa?) alla ricerca della nostra scomparsa moglie, ci imbatteremo in fenomeni e creature solo in apparenza soprannaturali. A ben cercare tra i vari indizi che potremo scoprire con il progredire della storia, salteranno fuori ben più di qualche nome o rimando alla Umbrella Corporation e agli avvenimenti che già ben conosciamo, senza aggiungere altro per non rovinare l’esperienza a chi dovesse ancora recuperare il gioco, vista anche l’uscita del suo diretto seguito, Resident Evil Village, che ci porterà questa volta tra le tetre montagne della Romania.
Resident Evil è quindi una saga ancora ben viva e vitale, che siamo sicuri saprà continuare a innovarsi e adattarsi, continuando a spargere terrore con la facilità di propagazione di uno dei terribili virus di cui racconta. Ma cosa è che la rende così attraente per il grande pubblico?
Oggi sarebbe fin troppo semplice collegare il successo di questo marchio alla triste situazione in cui ci troviamo a causa della pandemia di Covid19. Di sicuro, anche in passato, l’argomento “contagio incontrollato” ha di sicuro giocato un ruolo cardine nella riuscita di questa ip. Se volessimo soltanto tenere di conto delle sue incarnazioni videoludiche, il fatto di avere, a conti fatti, rinnovato completamente il genere action/horror con i primi titoli, andando poi ad evolversi in maniera quasi sempre perfetta in seguito, potrebbe essere una possibile risposta. Il successo di Resident Evil anche in altri campi però, lo si deve probabilmente anche ai richiami ad altri fenomeni popolari, quali il genere zombie che, soprattutto in questi ultimi anni hanno decisamente spopolato nell’immaginario collettivo.
Oltre al filone zombie (dove spesso la causa era proprio il rilascio incontrollato di qualche sorta di virus), Resident Evil pesca anche a man bassa da capolavori suggestivi come La Cosa di Carpenter, con i suoi mostri mutanti, feroci ed instabili. Gli autori di Capcom hanno realmente saputo reinventare un genere, andando a toccare alcune delle più forti paure di massa che la maggior parte di noi percepiscono. Era ovvio che un immaginario così ben confezionato avrebbe, se non spopolato, di sicuro fatto parlare di se. E ora, con l’imminente uscita dei nuovi prodotti della serie, Resident Evil è ancora senza dubbio un “prodotto”, se così vogliamo chiamarlo, appetibile. Che, oggi più che mai, fa leva sulle nostre paure e le trasforma in ore di “terrorizzante” divertimento.
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Rosalia Lombardo: la "Bella Addormentata" di Palermo raccontata da Ada Rizzo. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nel mistero e nella storia della mummia più affascinante del mondo.
Un viaggio nel mistero e nella storia della mummia più affascinante del mondo. Ada Rizzo, talentuosa autrice di Alessandria Today, ci offre un approfondimento sulla figura di Rosalia Lombardo, la bambina palermitana conosciuta come la “Bella Addormentata” per il suo straordinario stato di conservazione nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo. Biografia dell’autrice. Ada Rizzo è una…
#Ada Rizzo#Alessandria today#Alessandria Today autori#Alfredo Salafia#arte funeraria#articoli storici#bambini mummificati#Bella Addormentata di Palermo#Catacombe dei Cappuccini#collaboratori Alessandria Today.#conservazione corpi#corpi preservati#cronaca nera storica#cultura mediterranea#cultura siciliana#Curiosità Storiche#effetti ottici#enigmi storici#esplorazioni culturali#fenomeni ottici#formalina imbalsamazione#Google News#imbalsamazione#italianewsmedia.com#leggende italiane#misteri italiani#misteri storici#monumenti Palermo#mummia Palermo#mummie famose
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il mostro di Bargagli o la banda dei vitelli? Un serial killer (forse) mai esistito
La denominazione di “mostro di Bargagli” consta in una invenzione giornalistica identificativa di un serial killer attivo a Bargagli, provincia di Genova, tra il 1944 e il 1985. Seriale mai identificato, potrebbe classificarsi come missionario disorganizzato. Continue reading il mostro di Bargagli o la banda dei vitelli? Un serial killer (forse) mai esistito
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Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la verità sullo Squartatore
Sherlock Holmes e Auguste Dupin tornano in una straordinaria avventura in due parti, alle prese con il più feroce serial killer di sempre: Jack lo Squartatore. In edicola e in ebook il numero l'appuntamento n.18 con i detective più amati della letteratura, nel nuovo straordinario thriller di Rino Casazza
Londra, fine estate 1888. Auguste Dupin, il decano di tutti gli investigatori, lascia la sua Francia per recarsi a far visita a Sherlock Holmes, la nuova stella della detection. La ragione del primo, storico incontro tra le due eccellenze dell’investigazione è l’esigenza di unire le forze per contrastare il misterioso e folle assassino che nottetempo sta facendo strage di prostitute nei quartieri popolari di Londra. Riusciranno i due investigatori a risolvere il caso di cronaca nera che, più di ogni altro, sta scuotendo le coscienze degli inglesi del XIX secolo? La prefazione è a cura di Gian Luca Margheriti, autore di Lettere dall'inferno, la vera storia di Jack lo Squartatore. *** SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E LA VERITÀ SULLO SQUARTATORE in formato epub su tutti gli store e QUI SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E LA VERITÀ SULLO SQUARTATORE in formato mobi per Kindle su AMAZON SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E LA VERITÀ SULLO SQUARTATORE è anche su Play Store e Apple Store SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E LA VERITÀ SULLO SQUARTATORE il libro è in edicola e ordinabile QUI *** LA SERIE I GIALLI DI CRIMEN, TUTTI GLI EBOOK: I primi 12 numeri sono apocrifi firmati da Enrico Solito, tra i massimi esperti al mondo di Sherlock Holmes e riportano in ogni volume l'enciclopedia su Sherlock Holmes, a cura dello stesso Solito e di Stefano Guerra. Dal numero 13 sono iniziati gli appassionanti gialli di Rino Casazza, specializzato nel far incontrare i grandi detective del passato. 1 Sherlock Holmes e le ombre di Gubbio 2 Sherlock Holmes oltre le apparenze 3 Sherlock Holmes di Natali e Abbazie 4 Sherlock Holmes tra Toscana e Chinatown 5 Sherlock Holmes aragoste e fagioli 6 Sherlock Holmes e l'arte del colpo di scena 7 Sherlock Holmes e l'arte del delitto 8 Sherlock Holmes nulla è insignificante 9 Sherlock Holmes, monelli e socialisti a Baker Street 10 Sherlock Holmes, indagini ai confini del verosimile 11 Sherlock Holmes il delitto è servito 12 Sherlock Holmes e l'orrore di Cornovaglia 13. Sherlock Holmes, Padre Brown e l'ombra di Dracula 14. Sherlock Holmes, Charlie Chan e il salvataggio del Titanic 15. Partita a scacchi per Sherlock Holmes 16. Sherlock Holmes Misteri Italiani 17. Sherlock Holmes tra sacro e profano *** L'AUTORE: Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato una cinquantina di racconti e undici romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi che vedono rivivere come protagonisti i più grandi detective della letteratura di genere. Gli ultimi romanzi pubblicati sono Il serial killer sbagliato, Algama, 2018; Al tempo del Mostro, 2018, rivisitazione in chiave fantascientifica della vicenda del Mostro di Firenze; il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018, scritto insieme a Daniele Cambiaso e, sempre in collaborazione con lo stesso autore, L'Angelo di Caporetto, 2017, uscito prima per Algama e poi in allegato a Il Giornale nella collana "Romanzi storici", Gli enigmi di Don Patrizio, Algama, 2016. Per la collana Gli apocrifi di Algama sono usciti: Sherlock Holmes, Padre Brown e l'ombra di Dracula, 2017; Padre Brown, Philo Vance e l'Angelo della Morte, 2017; Sherlock Holmes, Padre Brown e il delitto dell'indemoniata; 2016 Sherlock Holmes, Auguste Dupin e il match del secolo; 2016. Sempre per Algama ha pubblicato l'antologia Il trucco dei due poliziotti, 2019. Nella serie edicola I gialli di Crimen ha già pubblicato Sherlock Holmes, Padre Brown e l'ombra di Dracula. Cura su Fronte del Blog la rubrica Casazza Report. Ebook, recensioni e altro su Rino Casazza - GUARDA Read the full article
#AugusteDupin#Giallostorico#gianlucamargheriti#IgiallidiCrimen#jacklosquartatore#letteredall’inferno#notizie#RinoCasazza#serialkiller#sherlockholmes#thriller
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Ci sono dipinti, per fortuna abbastanza rari, il cui soggetto è per noi un vero e proprio enigma, e rischia di rimanerlo forse indefinitamente, nonostante gli sforzi di interpretazione iconologica messi in atto dagli storici dell'arte.
Più spesso invece, il soggetto è palese e a tutti ben noto.
Ma a volte, sotto un'apparente superficie di ovvietà, si celano piccoli e grandi enigmi che è necessario decifrare.
Eccone un esempio: la Natività con la grotta, la mangiatoia, l'asino, il bue, i pastori in adorazione, l'arrivo dei tre Re Magi.
Chiunque sa riconoscere questo soggetto.
Ma perché in certe natività la grotta assume l'aspetto di un tempio in rovina come nell'Adorazione dei Magi del pittore bolognese Amico Aspertini, dove la canonica capanna di legno si appoggia alle rovine di un antico tempio? E perché in certi casi, come della Natività del senese Francesco di Giorgio Martini, in luogo della capanna o ruderi del tempio, alle spalle della Sacra Famiglia compare un arco trionfale in rovina?
Nulla è a caso.
Nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze un testo medievale che raccoglie un'infinità di leggende relative alla vita di Cristo e dei Santi, si legge che al tempo della nascita di Gesù i Romani, vivendo da parecchi anni senza guerre, eressero un Tempio della Pace, e poiché l'oracolo di Apollo aveva predetto che quel Tempio sarebbe durato fino a quando una vergine non avesse partorito un figlio, avevano posto sull'edificio l'incauta iscrizione “Templum Pacis Aeternum”.
Le rovine classiche di tante natività alludono dunque a questa leggenda che si conclude con il crollo del Tempio durante la notte di Natale. La misera capanna di legno simboleggia l'era cristiana che sorge sulle rovine della civiltà pagana.
Quanto alla variante iconografica con L'Arco di Trionfo in rovina, che godette di una certa fortuna tra fine Quattrocento e primo Cinquecento, anch'essa svolge lo stesso concetto ma inglobando in esso un'allusione ad un'altra leggenda relativa alla natività di Gesù che ha per protagonista Ottaviano Augusto.
Essa narra che quel dominatore di popoli fiero del suo immenso potere e della pace che aveva saputo realizzare nel suo Impero interrogò la Sibilla sulla durata della sua fama, ricevendone l'inattesa risposta che presto sarebbe nato un uomo la cui gloria avrebbe cancellato perfino il ricordo del suo immenso potere.
L'arco trionfale in rovina alle spalle della Natività di Cristo riassume pertanto in sé sia la leggenda del crollo del Tempio della Pace, sia quella della fragilità del potere dell'Impero romano, delle cui folgoranti glorie militari l'arco era il simbolo più eloquente e diffuso.
Ma non basta: forse non è un caso che l'immagine di questo arco rimandi soprattutto ad uno specifico arco trionfale, quello fatto edificare da Costantino nei pressi del Colosseo per celebrare la propria vittoria sul rivale Massenzio, ottenuta nel 312 d.C. alle porte di Roma, nei pressi di Ponte Milvio.
Com'è noto Costantino attribuiva questa sua vittoria al favore di Cristo, il cui simbolo della croce aveva fatto inalberare sulle insegne del proprio esercito dopo che un angelo gli era apparso alla vigilia della battaglia, esortandolo a compiere tale gesto.
Divenuto, dopo quella vittoria, unico imperatore dei Romani, Costantino favori apertamente i cristiani, emanando un anno dopo il celebre editto di Milano, che poneva fine alle persecuzioni di cui erano stati vittime e concedendo loro piena libertà di culto.
A conferma di tale appoggio Costantino fondò a Roma assieme a Papa Silvestro una serie di basiliche cristiane, tra cui la chiesa cattedrale che a quel tempo fu dedicata al Salvatore ed ora conosciamo con il nome di San Giovanni in Laterano, e la Basilica di San Pietro in Vaticano, eretta sopra la presunta sepoltura dell'apostolo Pietro.
Venerato quasi alla stregua di un santo, Costantino ha pertanto un posto speciale e privilegiato nella storiografia ecclesiastica, che infatti lo celebra come colui che traghettò il mondo antico dall'era pagana a quella cristiana.
Pertanto non è un caso se quell'arco dipinto da Francesco Di Giorgio alle spalle della Natività sembra ispirato, sia pur liberamente, all'arco di Costantino. (A. Pinelli)
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I videogiochi mobile per la quarantena
La quarantena prosegue ed ecco che ci si deve intentare qualcosa da fare. Vi proponiamo quindi una carrellata di videogiochi disponibili su iOS o Android, di tutti i generi da quelli adatti ai più piccoli a quelli per gli amanti del thriller.
I videogiochi per la quarantena
Per gli amanti dei rompicapo ecco Manifold Garden, una grafica minimalista, ricorda i quadri di Escher. Al giocatore toccherà manipolare la gravità così facendo cambierà la prospettiva e sarà possibile risolvere i vari enigmi. Il William Chyr Studio ha realizzato un gioco con uno stile grafico davvero particolare, che utilizza la fisica per strutturare gli scenari surreali dei vari livelli, per un viaggio sensoriale del tutto inaspettato.
Uno scenario del gioco Manifold Garden ispirato ai quadri di Escher Her story è un titolo fuori dal comune, ideato e sviluppato da Sam Barlow (lo sceneggiatore di Silent HIll: Shattered memoies) è un thriller psicologico. Si vestiranno i panni di un investigatore che dovrà risolvere il caso della misteriosa scomparsa di un uomo. Per riuscire a risolvere il misfatto dovrete vedere i filmati degli interrogatori della moglie dell'uomo scomparso. L'aspetto innovativo del titolo sono proprio i filmati reali con cui è strutturato, un titolo davvero particolare, ideale per chi ama i gialli.
I video di Her story sono veri filmati con attori in carne ed ossa, un titolo particolare ideale per la quarantena
Puzzle game
Tra il puzzle game e l'avventura interattiva è Florence. Racconta la storia della venticinquenne Florence che incontra il violoncellista Krish. Una storia a bivi che ha il sapore di un fumetto e che propone mini giochi e vari puzzle per riuscire a scoprire di più sulla vita della protagonista.
Alcune immagini del videogioco Florence Un altro puzzle game è Limbo, dalle atmosfere dark ricorda un po' lo stile grafico tipico di Tim Burton. In questo gioco aiuterete un bambino che è alla ricerca della sua sorellina scomparsa. Dovrete così attraversare vari mondi ricchi di pericoli, e risolvere molti enigmi con una perfetta colonna sonora di sicuro effetto.
Le ambientazioni di Limbo ricordano lo stile dei film di Tim Burton Un altro puzzle game famosissimo, ormai, ideale per superare la quarantena è Monument Valley, un titolo unico nel suo genere. Realizzato da Ystwo Games, è un titolo in cui dovrete guidare la principessa Ida attraverso vari labirinti che nascondono delle illusioni ottiche. Ognuno dei dieci livelli ha una meccanica differente, ma l'obiettivo rimane comune: uscire sani e salvi dal labirinto.
Alcuni scenari del gioco Monument Valley
Divertenti e spensierati
Se volete qualcosa che vi rallegri le giornate allora scegliete Animal Crossing: Pocket Camp una coloratissima avventura social free-to-play. Qui diventerete i gestori di un campeggio oltre che dell'intera isola dove risiede il campeggio. Potrete compare e vendere vestiti e materiali di vario genere, incontrerete animali antropomorfi e potrete invitare anche altri giocatori a visitare il vostro campeggio.
Animal Crossing Pocket Camp ha uno stile adatto anche ai più piccoli What the golf? è un titolo davvero particolare, ironizzando sulle leggi della fisica si pone come una sorta di parodia del classico gioco del golf. Dovrete mettere in buca la palla inventando metodi innovativi in un mondo non sense dallo stile grafico molto stilizzato e colorato.
Il mondo strampalato di What the golf? Un mistery game perfetto per la quarantena grazie ai suoi toni umoristici è Thimbleweed Park in cui dovrete scoprire chi è stato a commettere un assassino nella città di Thimbleweed. Potrete così vivere un'avventura parallela ma molto più divertente del telefilm Twin Peaks. Lo stile grafico è in pixel art e si addice anche ai nostalgici dei videogiochi storici della LucasArts.
Lo stile retrò e l'umorismo di Thimbleweed Park vi conquisteranno Read the full article
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Napoli - Apertura inedita dei sotterranei del Castel dell'Ovo
Ambienti inediti del Castel dell’Ovo aperti al pubblico fino al 15 settembre attraverso itinerari guidati a cura dell’associazione culturale Timeline Napoli, un gruppo di professionisti - tra geologi, archeologici, storici, naturalisti e linguisti - attivo nel ripristino e nel recupero del patrimonio storico artistico italiano Per la prima volta in assoluto, infatti, è possibile visitare i sotterranei del maniero napoletano, tra i castelli più antichi della città di Napoli, se non il più datato rispetto ai vicini Castel Capuano e Maschio Angioino. Adagiato sul mare, si trova tra i quartieri di San Ferdinando e Chiaia, la sua origine pare risali addirittura all'epoca romana ma la sua storia è fatta di numerosi dettagli e curiosità che restano ignote ai più. I turisti avranno la possibilità di ammirare la bellezza più celata di questa imponente fortezza, visitando aree fino ad ora chiuse al pubblico e rese nuovamente accessibili grazie al lavoro del team del presidente Enzo De Luzio. Muniti di caschetti e torce, in piena sicurezza, si ammirerà l’occulto Romitorio di Santa Patrizia, esplorando le sue cavità interamente scavate nel tufo. Immersi nella spettacolare cornice del Vesuvio e del lungomare di Partenope, il tour prosegue nella misteriosa Sala delle Colonne, incrociando da lì uno dei tanti passaggi segreti che collegano i punti più nascosti di Castel dell’Ovo. Un luogo antico che racchiude enigmi e storie senza tempo: fra la leggenda dell’uovo mistico e degli antichi ipogei scavati nella roccia, riscoprirete uno dei simboli della nostra città sotto una nuova luce. L’iniziativa rientra nel bando “Estate a Napoli” del Comune di Napoli: il costo delle visite è di €10, mentre è gratuito per bambini al di sotto dei 10 anni (per gli studenti è previsto un biglietto ridotto di €5). Info orari e prenotazioni: 393317451461 o via mail: [email protected]
di ANNACARLA TREDICI
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Ritratto di Andrea Palladio dalla serie degli uomini illustri di Bernardino India (fine XVI sec.) olio su tavola collezione privata
Tutto iniziò nel 1570, quando a Venezia uscì la prima edizione dei “Quattro Libri dell’Architettura” di Andrea Palladio. Consuetudine dell’epoca voleva, infatti, che gli autori dei trattati inserissero tra le pagine il loro “ritratto ufficiale” per eternarsi insieme alla propria opera. Ma Palladio omise di farlo, e da allora intellettuali e curiosi non hanno mai cessato di interrogarsi su quali fossero le fattezze di quello che secondo molti è il più celebre architetto di ogni tempo. Palladio divenne l'”uomo dai mille volti”: gli inglesi nel 1716 lo hanno proposto giovane e senza barba, oppure sbarbato ma con i baffi; i vicentini invece nel 1733 hanno replicato con un Palladio più anziano e calvo. Ma adesso il “mistero” sembra risolto grazie a un team di esperti: la Polizia Scientifica, gli storici dell’arte del Palladio Museum e i tecnici della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza hanno restituito all’artista un volto. Le cui fattezze sono svelate dalla mostra “Andrea Palladio. Il mistero del volto”, aperta al Palladio Museum di Vicenza fino al 18 giugno.
Gli studiosi hanno individuato dodici ritratti ritenuti di Palladio, sparsi in due continenti. Due provengono da Londra (RIBA Collections e Royal Collection at Kensington Palace), uno da Copenaghen (Statens Museum), quattro da Vicenza (villa Rotonda, villa Valmarana, teatro Olimpico, villa Caldogno), uno da Notre Dame, Indiana (Snite Museum of Art), uno da una collezione privata a Mosca, uno da Praga (Národní Muzeum), uno da un’asta di Christie’s a New York e un ultimo da un antique shop nel New Jersey. Sono tutti autentici? E l’uomo ritratto è sempre Palladio? Specialisti in diversi campi hanno lavorato insieme per rispondere a queste domande. Mentre gli storici del Palladio Museum hanno fatto ricerche in archivio e biblioteca, i tecnici della Soprintendenza hanno indagato gli aspetti materiali dei dipinti nel proprio laboratorio di restauro di Verona e la Polizia Scientifica ha confrontato fra loro i volti con i metodi della comparazione fisionomica.
“Il Palladio Museum e la Soprintendenza di Verona – racconta Guido Beltramini, curatore della mostra – hanno chiesto aiuto al Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato per scrivere finalmente la parola fine su quasi trecento anni di dispute sul volto di Palladio: da quando cioè gli inglesi nel 1716 si sono “inventati” un falso Palladio dipinto da Paolo Veronese. E’ stato un affascinante incontro fra scienze forensi e storia dell’arte, dove ognuno ha cercato di dare il meglio di sé.”
Immagini tratte dal video Andrea Palladio. Il mistero del volto indagini a cura di Polizia di Stato Servizio Polizia Scientifica Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le provincie di Verona, Rovigo e Vicenza Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio / Palladio Museum
Fabrizio Magani precisa “L’esperienza di studio e ricerca ha sorpreso per le potenzialità tecniche messe in gioco, dimostrando come la semplicità di un tema espositivo possa promuovere pratiche complementari e risultati tutti nuovi”.
“Il mestiere dell’investigatore della Polizia Scientifica ben si sposa con la perizia dell’esperto d’arte, entrambi attenti al metodo scientifico e ai dettagli.” – a parlare è il Prefetto Vittorio Rizzi, direttore del settore anticrimine della Polizia di Stato – “Attraverso la tecnica del confronto dei volti, comunemente utilizzata per identificare gli autori dei crimini più violenti, e quella dell’age progression, normalmente usata per la ricerca delle persone scomparse e dei latitanti, abbiamo confermato i risultati della ricerca storica, risolvendo uno dei cold case più antichi”.
L’allestimento della mostra, progettato da Alessandro Scandurra, restituisce efficacemente l’atmosfera di una detective-story: accanto ad ogni dipinto il visitatore trova dei tavoli luminosi in cui sono presentati i “reperti” dell’indagine: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche che evidenziano la successione delle pellicole pittoriche, antiche fotografie, documenti. È così possibile verificare le ipotesi proposte in mostra e ritrovare il “proprio” Palladio.
Informazioni Palladio Museum contra’ Porti 11, Vicenza Sito: www.palladiomuseum.org Twitter / Facebook / Instagram: PalladioMuseum [email protected] Tel. +39 0444 323014
#ENIGMI / Svelato finalmente il "mistero" del volto di Andrea #Palladio? #mostre Tutto iniziò nel 1570, quando a Venezia uscì la prima edizione dei "Quattro Libri dell’Architettura" di Andrea Palladio.
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